Monte Rotondo (2.060) - Raccontato da Giorgio
10 giugno 2012

Forse perché  è circondato da cime più alte e più aspre o perché raggiungibile con comode carrarecce ed ampi sentieri, la cima del Monte Rotondo è etichettata su guide e recensioni con una “T” sinonimo di modesta passeggiatina.  In effetti, comunque lo si prenda, il dislivello da superare non è gran cosa e specie dal versante di Campo Felice la salita tutto è meno che selvaggia, data la presenza di innumerevoli manufatti che si estendono a perdita d’occhio!
Esiste però la possibilità di trasformare la passeggiatina in un’esperienza più gratificante se solo si lasciano i sentieri e si sceglie un altro punto di vista per affrontare la salita e la discesa.
Domenica scorsa con Simone abbiamo quindi sperimentato l’accesso dal Vado di Pezza lasciando l’auto parcheggiata ai circa 1.450 mt. dell’ampio piazzale.
Immediatamente dietro il tabellone che riporta la carta dei sentieri si può prendere un canale appena inciso nei prati, orientato a nord, che punta dritto verso l’alto verso alcune roccette appena visibili dal piazzale.
La salita è da subito tutt’altro che “T” ma ben più impegnativa … pendenza elevata e costante che senza tregua ti porta lungo una linea retta sino alle roccette di quota 1.950: insomma 500 metri di dislivello da fare di getto e te ne rendi ben conto voltandoti di quando in quando verso il basso dove il piazzale, le auto e lo chalet divengono in poco tempo piccoli piccoli.
Si sale per prati, breccia e qualche sasso più grande che fa da comodo scalino  e così senza mai cambiare direzione si arriva ad un punto dove la pendenza cambia bruscamente riducendosi, anzi quasi annullandosi: il luogo in questione è un davvero gran belvedere a perdita d’occhio dal Gran Sasso alla Majella, al Parco d’Abruzzo e poi, con grande fortuna, abbiamo avuto anche la compagnia quattro aquile che hanno roteato a lungo sopra le nostre teste!
Da quel punto il gioco è fatto, siamo sulla dorsale sommitale e in 15 minuti avvistiamo la croce del Monte Rotondo.
Una volta sull’ampia cima godiamo di panorami esaltanti pur se da una quota non delle più alte: grazie all’aria limpida si distinguono vette a perdita d’occhio e con esse il ricordo di tante escursioni fatte.
Per il ritorno cerchiamo l’imbocco di uno dei canali incisi dalle piogge e dall’azione della neve che scendono lungo i contrafforti della montagna che sovrastano il Piano di Pezza: lasciamo dunque la carrareccia che scende dalla vetta a quota 1.950 circa in corrispondenza di una prima biforcazione e ci dirigiamo a sinistra (direzione sud) entrando in una valle prima molto ampia e pianeggiante e poi via via più stretta e scoscesa.
Ben presto i placidi prati si trasformano in ambiente piuttosto selvaggio con la vegetazione bassa sempre più fitta, pietraie e qualche salto di roccia che obbliga a piccole deviazioni per poi reimmettersi nel fondo del canale; ad alimentare il senso di wilderness ci pensa un bell’esemplare di capriolo che spunta fuori dal nulla e spaventato dai due umani (mi sa che da quelle parti non se ne vedono molti!) si dilegua a valle con lunghi balzi … luogo solitario, per un po’ fuori dal mondo!
Arrivati in prossimità del Piano di Pezza l’orizzonte torna ad allargarsi e la discesa si conclude proprio accanto alla vecchia miniera.
Insomma, che dire, decisamente un bel giro di qualche ora che vale ben più di una “T”   e allora … appuntamento al prossimo inverno quando lo rifaremo con la neve alta.